Di sport e fascismo Andrea Bacci si era già occupato in passato, con Lo sport nella propaganda fascista. L'argomento è sempre caldo, soprattutto alla voce «propaganda»: basta guardarsi attorno per coglierne i motivi, i pretesti, le risonanze. Anche in Italia. L'attività agonistica ha accompagnato la storia del mondo, ha coinvolto sistemi e regimi, è stato oppio e adrenalina.
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Con «Il primo sportivo d'Italia», l'autore torna su un tema a lui caro e lo sviscera attraverso il rapporto diretto che ha legato Benito Mussolini all'attività agonistica; e ai benefici di natura politica che ne avrebbe voluto ricavare.
Si tratta di un viaggio che spiega l'uso e l'abuso di una dottrina che, sfogliata con mano ferma e diffusa da pulpiti forti, consentì alla dittatura di cementare il proprio ego. Se i Mondiali del 1978 servirono alla cricca di Jorge Rafael Videla per sopire e coprire le infamie di un colpo di stato che aveva soffocato la libertà degli argentini, lo sport in generale consentì al Duce di addobbare l'immagine di una missione diventata ben presto ossessione. Calmante a Buenos Aires, stimolante a Roma.
Studioso generoso e poliedrico, Andrea ci accompagna tra sentieri suggestivi e purgativi. Mussolini, lo sport, i grandi campioni degli anni Trenta: quale arma più efficace per sedurre e distrarre la massa (rigorosamente «femmina»)? Quale strumento più spiccio per portare avanti il rapporto tra «nazione sportiva» e «nazione guerriera», questa indissolubilmente legata a quella?
dalla prefazione di Roberto Beccantini